Il Film e il Suo Contesto Storico
La Prima Linea" di Renato De Maria rappresenta uno dei tentativi più significativi del cinema italiano contemporaneo di confrontarsi con uno dei periodi più bui e complessi della storia nazionale: gli Anni di Piombo. Liberamente ispirato al libro autobiografico "Miccia corta" di Sergio Segio, fondatore del gruppo armato Prima Linea, il film ricostruisce gli eventi del 3 gennaio 1982, quando un commando riuscì a far evadere quattro detenute dal carcere di Rovigo, tra cui Susanna Ronconi.
Il film si inserisce in un contesto cinematografico che per decenni ha evitato di affrontare direttamente il tema del terrorismo di sinistra degli anni '70-'80. La scelta di raccontare questa storia nel 2009 rappresenta un momento di maturazione della società italiana nel confrontarsi con il proprio passato, seppur non senza polemiche e resistenze.
La Rappresentazione dei Terroristi
[Il merito principale del film di De Maria sta nell'aver evitato una rappresentazione manichea dei militanti di Prima Linea. Sergio Segio, interpretato magistralmente da Riccardo Scamarcio, non è né un eroe romantico né un mostro senza scrupoli, ma un uomo tormentato dai propri errori e dalle conseguenze delle proprie scelte.
La pellicola presenta i terroristi come:
Individui con Motivazioni Ideologiche Genuine: Il film non nega le radici politiche e sociali che portarono alla nascita dei gruppi armati. Come sottolinea lo stesso Sergio Segio nella sua critica al film, Prima Linea nacque dal "movimento del 77" e dalla militanza nei gruppi della sinistra extraparlamentare come Lotta Continua e Potere Operaio. De Maria riesce a mostrare come questi giovani fossero mossi da ideali di giustizia sociale e cambiamento rivoluzionario.
Vittime delle Proprie Scelte: La rappresentazione più efficace del film è quella del rimorso e del pentimento. Sergio appare come un uomo che ha pagato duramente le conseguenze delle proprie azioni, costretto a fare i conti con la distanza tra gli ideali originari e la deriva violenta che ne è seguita.
Esseri Umani Fragili: Lontano dalla retorica eroica o dalla demonizzazione, i personaggi emergono nella loro fragilità umana. Il rapporto tra Sergio e Susanna (Giovanna Mezzogiorno) diventa il fulcro emotivo del racconto, mostrando come anche i sentimenti più puri possano essere corrotti dalla logica della violenza
La fuga dei terroisti dopo l'assalto al carcere di Rovigo
L'Autodafé di una Generazione
Come nota acutamente il critico Alberto Crespi, "La prima linea" è "alla fine un lungo autodafé di Segio". Il film diventa così un atto di contrizione pubblica, un modo per una generazione di fare i conti con i propri errori. La sequenza in cui Sergio visita i genitori, "invecchiati nel dolore e nella povertà", rappresenta simbolicamente il costo umano di quelle scelte radicali.
Le Critiche di Sergio Segio
Paradossalmente, l'autore del libro da cui il film è tratto, Sergio Segio, ha preso le distanze dalla pellicola. Nella sua introduzione alla seconda edizione di "Miccia corta", Segio critica duramente il risultato cinematografico, accusandolo di aver tradito "una caratteristica fondamentale" del libro: quella di ricostruire "l'albero genealogico, i riferimenti ideologici, culturali, le famiglie di provenienza, le motivazioni, le aspirazioni" di quei giovani.
Secondo Segio, il film rischia di trasformare una storia con "radice politica e sociale" in un "Romanzo criminale", privandola del necessario contesto storico e politico. Questa critica evidenzia la difficoltà intrinseca di trasformare un'autobiografia politicamente connotata in un prodotto cinematografico destinato al grande pubblico.
Le parole di Segio rivelano anche le pressioni subite durante la produzione, con "condizioni e paletti" imposti "affinché il film venga scritto e girato 'a comando'". Questo aspetto illumina le difficoltà che il cinema italiano incontra ancora oggi nel trattare argomenti politicamente sensibili.
Una Regia Misurata
Renato De Maria, reduce dall'esperienza televisiva di "Distretto di Polizia", applica al materiale un approccio visivo misurato e controllato. Come osserva Roberto Silvestri, il regista "sa sciogliere le forme anchilosate del nostro cinema d'azione", trasformando la tragedia in "un discreto western con spaghetti".
La scelta di utilizzare flashback e una struttura narrativa frammentata riflette la tradizione del cinema italiano degli anni '70, creando un ponte stilistico con l'epoca raccontata.
Un Cinema della Memoria
"La Prima Linea" rappresenta un tentativo coraggioso di utilizzare il cinema come strumento di memoria collettiva. Pur con tutti i suoi limiti e le critiche ricevute, il film ha il merito di aver riportato al centro del dibattito pubblico una pagina dolorosa della storia italiana, evitando sia la demonizzazione che l'eroicizzazione.
Il ritratto dei terroristi che emerge è quello di una generazione che, partita da ideali di giustizia e cambiamento, si è persa nei meandri della violenza, pagando un prezzo altissimo in termini umani. È un cinema del disincanto e del pentimento, che guarda agli Anni di Piombo non con nostalgia ma con la consapevolezza matura di chi ha vissuto e superato quella stagione.
In un'epoca in cui il confronto con il passato rimane ancora difficile e controverso, "La Prima Linea" offre uno spaccato prezioso di una società che cerca faticosamente di fare i conti con le proprie contraddizioni e i propri traumi.